Eh sì, amico cinefilo, hai letto bene: il nostro caro Luca Zingaretti, quello che per anni abbiamo visto aggirarsi sotto il sole siciliano nei panni del commissario Montalbano, adesso ha deciso di stare dietro la macchina da presa. Con “La casa degli specchi”, fa il suo debutto come regista.

Una mossa audace? Forse. Ma se c’è una cosa che Luca Zingaretti ci ha insegnato negli anni, è che quando si muove lo fa con stile, passione e quel tocco tutto italiano che sa di verità e intensità.
Un debutto che riflette (in tutti i sensi)
La casa degli specchi non è solo un titolo suggestivo, ma anche una metafora perfetta per un’opera prima: un luogo dove ogni personaggio si riflette, si deforma, si scopre, si perde.
Zingaretti ha scelto una storia profonda, con venature psicologiche, drammi familiari e quella punta di inquietudine che ti tiene incollato alla poltrona, popcorn dimenticati in mano.

Ma la vera chicca? Non ha scelto la via facile. Niente polizieschi, niente crime all’italiana: La casa degli specchi è un dramma intimista, con echi quasi teatrali, come se l’esperienza sulle tavole del palcoscenico gli avesse sussurrato: “Ora tocca a te, racconta tu una storia”.
La casa degli specchi: Un cast che sa il fatto suo
Essendo un attore esperto, Luca Zingaretti comprende che il cinema si basa sulla collaborazione. E quindi si è circondato di interpreti solidi, capaci di reggere dialoghi densi, sguardi che parlano e silenzi che urlano. Il film vanta una regia delicata, mai invadente, che lascia spazio agli attori di respirare, e al pubblico di sentire ogni emozione sulla pelle.
C’è una cura maniacale nella costruzione delle atmosfere: ogni ambiente sembra un personaggio, ogni specchio riflette non solo i volti, ma anche le fragilità dei protagonisti. È un film che non ti dice cosa pensare, ma ti invita a guardarti dentro.
Luca Zingaretti regista: sorpresa o naturale evoluzione?
Qualcuno lo ha definito “un salto nel vuoto”. Ma chi conosce Zingaretti sa che dietro a ogni sua scelta c’è studio, passione e un amore viscerale per il racconto. Il suo esordio alla regia non è un capriccio da star, ma una naturale evoluzione di chi, dopo aver dato volto e voce a tanti personaggi, sente il bisogno di raccontarne uno suo. E lo fa con una maturità sorprendente.
Niente fronzoli, niente effetti speciali. Solo storie. Persone. Emozioni. E una macchina da presa che si muove con rispetto, quasi in punta di piedi.
Perché vale la pena vederlo (anche se non sei un fan di Zingaretti)?
Se ami il cinema italiano che sa essere profondo ma accessibile, elegante ma mai pretenzioso, La casa degli specchi ti piacerà. È un film che ti accompagna con garbo, ma poi ti lascia lì, a riflettere (di nuovo, non a caso). Non è una pellicola che si consuma in una sera, ma una di quelle che ti tornano in mente giorni dopo, mentre lavi i piatti o guardi fuori dal finestrino.
E diciamocelo: vedere Zingaretti in questa nuova veste è quasi emozionante. È un po’ come vedere un vecchio amico fare qualcosa di nuovo — con coraggio, con umiltà, e con quella classe tutta sua.
Bentornato, Zingaretti. Anzi, benvenuto
Luca Zingaretti, con “La casa degli specchi”, ci insegna che è possibile evolversi mantenendo intatta la propria identità. Che si può passare da protagonista a narratore senza smettere di emozionare. E che il cinema italiano ha ancora tante storie da raccontare, anche (e soprattutto) attraverso occhi nuovi, ma con cuori che battono forte da sempre.
Insomma, se sei in cerca di un film che ti lascia qualcosa — magari uno specchio in cui rivederti — La casa degli specchi è una visione obbligata.
Scusami, ma non resisto alla tentazione di riguardarlo. Con una luce soffusa, una coperta addosso… e magari un cannolo, per non dimenticare mai le origini di Montalbano.
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