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Gino Bartali chi era il famoso ciclista che ha salvato centinaia di ebrei

Quanta strada nei miei sandali, quanta ne avrà fatta Bartali”, una citazione della canzone di Paolo Conte il cui titolo, ovvero proprio Bartali, funge da perfetta introduzione per il protagonista del nostro articolo di oggi: Gino Bartali in carne… e bici.

Curiosi di scoprire tutto su questo famoso e amatissimo ciclista italiano, sulla sua biografia, vita privata e ovviamente su tutta la strada che effettivamente ha macinato in sella alle due ruote? Non dilunghiamoci oltre e partiamo subito.

Gino Bartali
Gino Bartali

Chi era?

Iniziamo con una precisazione: come avrete già avuto modo di intendere da voi, il personaggio di cui parliamo oggi è Gino Bartali. Perché specificarlo? Perché di Bartali ciclisti non c’è solo lui (nonostante sia senza dubbio quello più conosciuto), bensì anche suo fratello minore Giulio, la cui vita – e carriera – è stata tuttavia molto sfortunata, come avremo modo di approfondire tra poco.

Tornando a noi, il nostro Bartali è stato uno sportivo che ha di diritto inciso il proprio nome nell’Olimpo del ciclismo italiano, con una carriera attiva per un ventennio d’oro dal 1934 al 1954, durante la quale ha conseguito importanti traguardi, tra cui due Tour de France e tre Giri d’Italia.

Oltre a ciò, però, Bartali si è distinto anche in ambito umanitario, aiutando e salvando tantissimi ebrei dalla persecuzione nazista durante la Seconda guerra mondiale, merito che gli ha permesso di ottenere – anche se postume –  la medaglia d’oro al merito civile dall’Italia e la nomina di Giusto fra le nazioni da Israele.

La biografia di Gino Bartali: storia di una passione, di un lutto e di 800 vite salvate

Nasce in quel di Ponte a Ema, in Toscana, il 18 luglio del 1914, da Torello e Giulia.

Il fratello di Gino Bartali, il sopracitato Giulio, nasce due anni dopo di lui ed è anch’egli amante delle corse in bicicletta, ispirato dal maggiore.

Del resto la passione di Gino per le due ruote si manifesta quando è soltanto un ragazzino di tredici anni, usandole come mezzo per andare a scuola la mattina e al lavoro presso un’officina locale nel pomeriggio.

Le cose iniziano però a farsi più serie quando, compiuti i diciassette anni, entra a far parte della Società Sportiva Aquila, vincendo le sue prime gare ufficiali seppur ancora nella categoria dei dilettanti; per debuttare nel ciclismo da professionisti dovrà aspettare il 1935, quando gareggia nella Milano-Sanremo, posizionandosi al quarto posto.

Ma quello che è un periodo d’oro per la sua carriera presente e futura viene ben presto devastato da uno sconvolgente lutto: suo fratello Giulio rimane coinvolto in un terribile incidente il 14 giugno del 1936, proprio durante una corsa in bici, che lo vede schiantarsi a causa della fitta pioggia contro un’auto; operato d’urgenza, il neanche ventenne Giulio perde la vita in ospedale due giorni dopo.

Il chirurgo che l’ha operato, prima di morire anni dopo, lascerà una lettera alla madre del ragazzo confessando di aver commesso un errore irreparabile durante la delicata operazione, senza il quale probabilmente il giovane si sarebbe potuto salvare.

Devastato dalla notizia, Gino pensa seriamente di abbandonare il ciclismo, forse sentendosi nel profondo ingiustamente in colpa per aver avvicinato il fratellino a quel mondo eccitante quanto pericoloso, ma alla fine decide di ritornare in pista.

Gino Bartali
Gino Bartali

Parleremo meglio della sua carriera nel paragrafo dedicato, ma ora diciamo qui di seguito qualcosa in più sulla figura di Gino Bartali durante la Seconda guerra mondiale.

“Il bene si fa, ma non si dice”

Nel 1943, in seguito all’occupazione dell’Italia da parte delle forze tedesche, Bartali viene invitato a diventare membro della DELASEM (Delegazione per l’assistenza agli immigrati) di cui fa parte un uomo che lui stesso stima molto, visto anche il suo credo cattolico, ovvero l’Arcivescovo Angelo Elia Dalla Costa.

Bartali accetta, e sfrutta così la sua passione per le bici e la sua velocità a bordo di esse per trasportare in gran segreto foto e documenti ad una stamperia locale, impegnata nella creazione di identità false per consentire agli ebrei di fuggire dal paese.

Un’attività non priva di rischi, quella di Bartali, che lo costringe a rimanere nascosto per cinque mesi a Città di Castello, in Umbria, al fine di sfuggire ai controlli della polizia, ma che al contempo gli permette di salvare 800 individui ebrei.

Il bene si fa, ma non si dice”: queste le parole del ciclista riguardo alle proprie azioni, espressione di un fervente desiderio di aiutare in silenzio, senza clamore e senza palcoscenico, come solo i veri eroi sanno fare.

Passiamo però adesso a un argomento non felice: la morte di Gino Bartali, avvenuta il 5 maggio del 2000 a causa di un infarto; le sue spoglie sono custodite al cimitero di Ponte a Ema, lo stesso dove riposa anche suo fratello Giulio.

Età, segno zodiacale

Al momento della dipartita eterna, gli anni di Gino Bartali erano di 85.

Nato sotto il segno zodiacale del Cancro, l’altezza del ciclista era di 170 centimetri.

Moglie e figli

La moglie di Gino Bartali diviene nel 1940 Adriana Bani, scomparsa nel 2014.

Dalla loro unione sono nati tre figli: Andrea, Luigi e Biancamaria.

Carriera

Ci eravamo lasciati a un giovane Gino Bartali arrivato quarto alla Milano-Sanremo, nel 1935.

In quello stesso anno entra a far parte della squadra torinese del Frejus, grazie a cui debutta nel Giro d’Italia, pur non riuscendo a trionfare… a differenza invece di quanto accade nel 1936, quando diventa un membro della Legnano e vince il suo primo Giro d’Italia, solo una settimana prima dell’incidente mortale di Giulio.

Anche il 1937 si rivela foriero di successi per il nostro Bartali: vince infatti per la seconda volta il Giro d’Italia e partecipa al suo primo Tour de France, ma proprio in questa occasione si vede costretto a prendere un forzato periodo di pausa in seguito alla caduta in un torrente che gli scatena una forte bronchite.

Torna in pista più agguerrito che mai solo un anno dopo, quando ritenta nuovamente il Tour de France, finalmente arrivando primo, ma rifiutando, durante la premiazione, di fare il saluto romano imposto dal regime fascista.

Tra rivalità e successi (insperati)

Arriviamo ora al 1940, anno che vede emergere nella Legnano un individuo che con Bartali – e con la storia del ciclismo nostrano – intesserà una indissolubile relazione a doppio filo: Fausto Coppi.

Il rapporto tra Bartali e Coppi è mutevole: in un primo momento, nel 1940, Bartali evidenzia la notevole bravura del collega, spronandolo anche – a suon di prese in giro, però –  a non arrendersi durante il Giro d’Italia dell’anno, che finisce per vincere.

Nel secondo dopoguerra, invece, la storica rivalità tra Gino Bartali e Fausto Coppi esplode, complice anche una diversa ideologia che li porta a scontrarsi da un punto di vista politico, prima riguardo all’adesione al Fascismo (Bartali si è sempre opposto al regime, mentre Coppi è stato richiamato alle armi ed ha combattuto per l’Italia di Mussolini) e dopo nei confronti delle preferenze espresse per i due principali e opposti partiti dell’epoca: il Partito Comunista (Coppi) e la Democrazia cristiana (Bartali).

Gino Bartali e Fausto Coppi

Seppur più anziano di Coppi, però, Bartali non ci pensa neanche a mollare tutto e lasciare al rivale la gloria; continua pertanto a gareggiare, portando a casa nel 1946 il suo terzo Giro d’Italia e la Milano-Sanremo dell’anno successivo (nel 1947 il Giro d’Italia viene suo malgrado vinto da Coppi).

L’evento più iconico della carriera di Bartali in questo periodo è tuttavia rappresentato dalla vittoria del Tour de France nel 1948, impresa in cui nessuno credeva vista la sua età “avanzata” (34 anni) e la squadra da lui messa su in fretta e furia e definita carinamente “da quattro soldi”.

Ma il 1948 non gli dona solo successi.

Il 22 di agosto inizia infatti il Campionato del mondo di ciclismo su strada, nei Paesi Bassi, cui partecipano sia Bartali che Coppi, i quali tuttavia a causa dell’intensa rivalità che li porta a controllarsi continuamente l’uno con l’altro non riescono ad andare a lontano, con grande delusione del pubblico italiano.

Nel 1949, Bartali fonda invece la propria omonima squadra.

La fine di un’epoca

Con l’arrivo del 1950 Bartali torna a vincere la Milano-Sanremo, ma un brutto incidente capitatogli nel 1953 a causa di uno scontro con un’automobile lo mette ko, anche se solo nel fisico. Ristabilitosi, il nostro Gino non perde tempo a cavalcare nuovamente la sua bici, partecipando alla sua ultima Milano-Sanremo nel 1954, senza però riportare risultati degni di nota.

La fine della carriera da ciclista di Gino Bartali vede la luce in quello stesso 1954, con un’ultima biciclettata condotta il 28 dicembre su un circuito creato appositamente per lui presso Città di Castello, suo rifugio durante gli anni della guerra.

Con la conclusione dell’attività agonistica, Bartali diventa direttore sportivo della squadra San Pellegrino Sport, in cui recluta nel 1959 anche il suo amico-nemico Coppi, all’epoca lasciato nell’ombra dai media.

Parlando di carriera, segnaliamo infine il ruolo di conduttore di Striscia la notizia ricoperto da Bartali dal 6 al 18 gennaio del 2002 e quello di attore nei panni di se stesso nei film Totò al Giro d’Italia e Femmine di lusso, datati rispettivamente 1948 e 1960.

Se volete saperne di più su questo grande sportivo e uomo, che come è ovvio non ha alcun profilo social, potete guardare le opere dedicate alla sua storia dentro e fuori la pista: tra esse, citiamo la miniserie del 2006 Gino Bartali – L’intramontabile (dove è interpretato dall’attore Pierfrancesco Favino) e il documentario Gino Bartali: il campione e l’eroe, del 2016.

Gossip Chi, La Redazione

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